“Questa è una strada vergognosa e disumana” di Vincenzo Passerini CNCA

“Questa è una strada vergognosa e disumana” di Vincenzo Passerini CNCA

Pubblichiamo l’orazione ufficiale per Malga Zonta, pronunciata da Vincenzo Passerini, Presidente Comunità di Accoglienza. ”

Non possiamo far finta di non sapere il destino che aspetta questi esseri umani in mano ai libici, in mano alle bande e alle milizie che si spartiscono e contendono il potere in quel paese con il quale facciamo accordi e che lucrano sulle spalle dei migranti detenuti, come documenta un recente rapporto delle Nazioni Unite. Anche ai tempi degli uccisi che noi oggi qui ricordiamo si fingeva di non sapere che destino attendeva tanti ebrei deportati. Anche noi oggi sappiamo e non possiamo tacere. Non è questa la strada per affrontare il dramma dei profughi. Questa è una strada vergognosa e disumana.”

73° Anniversario dell’eccidio nazifascista di Malga Zonta

Orazione ufficiale

 

Autorità, cittadine e cittadini tutti

Il Comitato Onoranze Caduti Partigiani che presiede all’organizzazione di questa cerimonia mi ha chiesto, nella persona del presidente dell’Anpi di Trento, Mario Cossali, di tenere quest’anno l’orazione ufficiale. Ho accettato con una certa emozione l’invito e l’ho ringraziato.

Parlare in questo luogo, ricordare le vittime dell’eccidio del ’44 ci costringe ancora una volta a riflettere su quei due mondi contrapposti, il mondo dei carnefici e il mondo delle vittime, il mondo del nazifascismo e quello della Resistenza, il mondo del totalitarismo e il mondo dell’umanesimo democratico che sta alla base della nostra Costituzione.

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La mia riflessione muove da un particolare punto di osservazione, che è quello di chi opera nel campo dell’accoglienza dei più deboli, degli ultimi: poveri, senza dimora, disabili, carcerati, famiglie in difficoltà, anziani, minori in affido, rifugiati, immigrati. Un punto di osservazione che privilegia inevitabilmente la riflessione sulle visioni radicalmente diverse di umanità che stanno alla base di quei due mondi contrapposti.

Mi soffermerò su quattro aspetti della visione nazifascista di umanità e di quella, contrapposta, del nostro umanesimo:

  1. La supremazia assoluta dello Stato e l’insignificanza del valore della persona umana nell’ideologia nazifascista; noi invece crediamo nella sacralità di ogni persona umana;

  2. La supremazia della razza e il disprezzo per altri gruppi umani considerati naturalmente inferiori; noi invece crediamo che le razze non esistano e che gli esseri umani sono uguali;

  3. La supremazia di un popolo e di una nazione e l’odio per lo straniero; noi invece crediamo nella fraternità universale, più forte di ogni differenza e di ogni confine;

  4. La supremazia della forza e l’esaltazione della guerra; noi invece crediamo nel valore supremo della fragilità umana e nel primato della pace.

  1. Questa riflessione parte ricordando i nomi delle 17 vittime che noi oggi commemoriamo, perché ricordare il nome vuol dire riconoscere l’indistruttibile dignità e unicità di ciascuno, in contrapposizione proprio all’insignificanza della persona umana proclamata e praticata dall’ideologia nazifascista. Ecco i loro nomi:

  • Barbieri Marcello

  • Cocco Antonio

  • Cortiana Romeo

  • Dal Maso Dino

  • Dal Medico Angelo

  • Dalla Fontana, Fernando

  • De Pretto Gildo

  • De Vicari Giocondo

  • Gasparoni Gelsomino

  • Losco Angelo

  • Maistrello Angelo

  • Marcante Giuseppe

  • Marchet Eupremio

  • Scortegagna Mario

  • Tessaro Giovanni

  • Viola Bruno

  • Zordan Domenico

I nazisti li hanno uccisi, hanno tolto loro la vita, ma non potevano togliere loro la dignità. La dignità dell’essere umano non è data o tolta da qualcuno. C’è nell’essenza stessa della persona, di ogni persona, in qualsiasi situazione essa si trovi, e noi dobbiamo solo riconoscerla. Su questo si fondano i diritti umani. Non siamo noi che li diamo o li togliamo: sono iscritti nell’essere stesso della persona umana e noi dobbiamo solo riconoscerli e tutelarli, con le leggi e i comportamenti.

L’ultimo di questo mondo è grande come il primo, il barbone più emarginato ha una grandezza umana di fronte alla quale io mi devo sempre inchinare, l’anziano magari demente porta dentro un patrimonio indistruttibile di dignità che io devo onorare quotidianamente, il profugo, bianco o nero che sia, merita lo stesso rispetto del presidente della Repubblica o del Papa.

Quest’idea di umanità sta alla base della nostra convivenza, sta alla base della nostra Costituzione nata dalla Resistenza, sta alla base della tutela internazionale dei diritti umani ed è esattamente l’opposto di quella professata dall’ideologia nazifascista. Per quest’ultima gli individui non valgono nulla. Come diceva nel 1934 un ideologo nazista, Krannhals “l’individuo non ha come tale né il diritto né il dovere di esistere, poiché ogni diritto e ogni dovere promanano dalla Gemeinschaft”, cioè dalla comunità, dalla società, in pratica dallo Stato (G. Dossetti, Introduzione, in L. Gherardi, Le querce di Monte Sole. Vita e morte delle comunità martiri fra Setta e Reno. 1898-1944, Il Mulino, 1986, p. XIX).

“Non si deve lasciare spazio alla sfera privata. Il nostro uomo è sempre in uniforme”, recita il regolamento nazista del servizio civile obbligatorio per i giovani (P. Rosà, Willi Graf. Con la Rosa Bianca contro Hitler, Il Margine, 2008, p. 45). È lo Stato che dà o non dà il diritto di esistere. Asservire, schiacciare e perfino sterminare degli esseri umani diventano soltanto una questione di utilità per lo Stato. Le persone non valgono nulla.

E invece per noi le persone sono tutto, ciascun essere umano è universo di dignità infinita, sono gli esseri umani che fondano la legittimità dello Stato, non è lo Stato che crea o distrugge la legittimità della vita delle persone. Davanti agli uccisi di Malga Zonta, chiediamoci se noi stiamo o no riconoscendo la dignità indistruttibile di ogni persona, anche di fronte ai drammi spaventosi dei migranti, la più grande tragedia umanitaria dai tempi della seconda guerra mondiale. Ogni persona ha il suo nome e cognome, ha la nostra stessa dignità che chiede di essere riconosciuta. Qui è il cuore della nostra civiltà, qui sono i baluardi che dobbiamo difendere della nostra civiltà.

In questo momento, mentre io parlo, migliaia di migranti innocenti, donne e uomini, sono detenuti nelle carceri libiche, che chiamano centri di raccolta, ma sono dei lager. Esseri umani che noi abbiamo respinto.

Da dieci, quindici anni almeno, tutte le testimonianze di migliaia di persone migranti che sono passate per quegli inferni ci raccontano la stessa cosa; tutti i giornalisti di tutti i giornali e di tutte le televisioni (ultimo in ordine di tempo Domenico Quirico su “La Stampa” del 12 agosto, 3 giorni fa) ci raccontano la stessa cosa: questi centri sono dei lager disumani, dove le persone patiscono la fame e la sete, vivono in condizioni disumane, sono percosse e torturate se non pagano, sono violentate.

Non possiamo far finta di non sapere il destino che aspetta questi esseri umani in mano ai libici, in mano alle bande e alle milizie che si spartiscono e contendono il potere in quel paese con il quale facciamo accordi e che lucrano sulle spalle dei migranti detenuti, come documenta un recente rapporto delle Nazioni Unite. Anche ai tempi degli uccisi che noi oggi qui ricordiamo si fingeva di non sapere che destino attendeva tanti ebrei deportati. Anche noi oggi sappiamo e non possiamo tacere. Non è questa la strada per affrontare il dramma dei profughi. Questa è una strada vergognosa e disumana.

I nomi e i cognomi dei morti di Malga Zonta ci ricordano che tutte le vittime innocenti hanno un nome e un cognome, un volto, una storia, una dignità irripetibile che chiede di essere riconosciuta. Non possiamo voltare la testa dall’altra parte.

  1. Secondo punto, la supremazia della razza. Il nazismo non ha inventato il razzismo, l’ha portato alle estreme e più aberranti conseguenze con lo sterminio degli ebrei. Ma il razzismo c’era già, come c’è ancora.

Noi sappiamo che le razze non esistono, che non ci sono differenze naturali tra gli esseri umani, che le differenze del colore della pelle, delle abitudini di vita, dei livelli di sviluppo economico sono legate a fattori ambientali e climatici che hanno influito sul corpo umano e sull’organizzazione sociale lungo il corso dei millenni della storia umana.

Questa uguaglianza naturale, oggi ribadita dagli studiosi di genetica, sta anche al cuore del Vangelo, che è parte fondamentale della nostra civiltà.

Eppure le nostre società democratiche si portano dentro un’eredità razzista. Possiamo parlare di razzismo democratico. A partire dalla democrazia greca, nella quale contavano solo i cittadini maschi, mentre le donne, gli schiavi e gli stranieri valevano poco o nulla perché considerati esseri naturalmente inferiori.

Ma anche la democrazia anglosassone, sia nella versione inglese che in quella americana, era fondata sulla discriminazione tra gli esseri umani che valevano tanto e quelli che non valevano nulla: dai cattolici irlandesi privati per secoli dei diritti civili e politici, ai nativi d’America, d’Asia, d’Africa, d’Oceania sterminati e chiusi nelle riserve, ai neri, deportati e schiavizzati. La democrazia per alcuni, la schiavitù e la morte per tantissimi altri. Il Vangelo brandito come ideologia, ma tradito nei fatti dai cristiani europei. La nostra civiltà europea è piena anche di questi cuori di tenebra, di tanti genocidi razziali prima del genocidio razziale più scientificamente pianificato, e più orrendamente eseguito, il genocidio degli ebrei.

Noi italiani siamo stati tra i carnefici, ma anche tra le vittime del razzismo. Carnefici, con le violente occupazioni coloniali di Libia, Etiopia, Eritrea e con la persecuzione e lo sterminio degli ebrei a fianco di Hitler. Vittime, anche. All’inizio del ‘900, William Williams, Commissario all’Immigrazione del porto newyorchese di Ellis Island, dove approdavano gli immigrati, istaurò una feroce politica razzista. In uno dei suoi rapporti affermava che “un’ampia quota di immigrati proviene da razze sottosviluppate e dalle classi più povere dei paesi più poveri d’Europa” , e questi immigrati “stanno abbassando il nostro livello di vita e di civiltà”. Si riferiva a slavi, ebrei e italiani. Bisognava fermarli, respingerli (D.R. Garbaccia, Emigranti. Le diaspore degli italiani dal Medioevo a oggi, Einaudi, 2003, pp. 43-44).

Gli Stati Uniti adottarono a più riprese leggi restrittive verso l’immigrazione italiana e di altri paesi del Sud ed Est Europa, privilegiando quella anglosassone e tedesca, in nome, apertamente, della superiorità razziale degli uni e dell’inferiorità degli altri.

Non usiamo contro altri questa ridicola e violenta arma del razzismo che è stata usata anche contro di noi.

  1. Terzo punto: all’ideologia nazifascista che afferma la superiorità di una nazione sulle altre e l’odio per lo straniero, noi contrapponiamo la cooperazione internazionale e la fraternità universale.

I nazionalismi hanno portato l’Europa e il mondo intero alla catastrofe. Non c’è alternativa alla cooperazione e all’unità dell’Europa. L’Europa non è il nostro passato, è il nostro futuro. Abbiamo appena cominciato a stare insieme dopo secoli e secoli nei quali ci siamo combattuti, esibendo superiorità degli uni sugli altri, di un popolo sull’altro, fomentando l’odio reciproco. Due guerre mondiali stanno a testimoniare dove portano i nazionalismi.

I morti che oggi ricordiamo ci ammoniscono col loro silenzio. Ascoltiamoli. Basta nazionalismi, ci dicono, cercate la collaborazione e l’unità, malgrado tutte le difficoltà. Basta odio degli uni contro gli altri. Basta odio dello straniero. Ritrovate la strada della fraternità universale, l’unica strada giusta.

C’è una piccola poesia che da un po’ di anni gira, anche nella rete, e che dice molto in poche righe. Potremmo anche aggiornarla, modificarla, arricchirla, ma resta attuale nella sostanza:

Il tuo Cristo è ebreo

la tua macchina è giapponese

la tua pizza è italiana

la tua democrazia è greca

il tuo caffè è brasiliano

le tue vacanze sono turche

i tuoi numeri sono arabi

la tua scrittura è latina.

E tu rimproveri al tuo vicino

di essere uno straniero.”

Noi rifiutiamo l’odio verso lo straniero, predicati dal nazismo e dal fascismo, in nome della fraternità universale, ma anche in nome di una realtà che ci vede sempre più legati gli uni agli altri, al di là di ogni confine.

Però, io non so se c’è davvero tutto questo odio per gli stranieri. O meglio, mi sembra un odio molto selettivo. Le cronache di questi giorni ci dicono che c’è un boom di turisti stranieri in Trentino. Non so in Veneto, ma nella nostra provincia è così.

Per lo scorso anno, l’anno migliore di sempre per il turismo trentino, l’Annuario della Provincia Autonoma ci dice che abbiamo avuto 1.708.460 arrivi di turisti stranieri (di tutti i colori e di tutte le religioni, non è un problema), che si sono aggiunti ai 4 milioni di italiani. Per i turisti in Trentino abbiamo a disposizione 482.105 posti letto, in 72.983 strutture, tra esercizi alberghieri, complementari, alloggi privati, seconde case. Se è un problema alloggiare 1700 profughi, vuol dire che siamo bravissimi ad accogliere gli stranieri ricchi e molto meno bravi ad accogliere quelli poveri. L’odio per lo straniero è molto selettivo.

  1. Quarto e ultimo punto. Il nazifascismo proclamava la supremazia della forza e l’esaltazione della guerra, noi invece proclamiamo il valore supremo della fragilità umana e il primato della pace.

Noi misuriamo la qualità di una società da come tratta i più deboli. Da come mette al primo posto delle sue preoccupazioni e delle sue cure i malati, gli anziani, i bambini, i disabili, i poveri, i senzatetto, i disoccupati, gli immigrati, le persone sole e abbandonate, e tutte quelle che sono cadute nella battaglia della vita e che cercano di rialzarsi. Non è il numero dei forti che fa grande una società, ma il modo con il quale tratta i deboli. C’è un abisso assoluto tra il nostro umanesimo e la visione nazista. Ecco un compito che gli scolari tedeschi dell’epoca trovavano nel loro sussidiario ed erano chiamati a eseguire:

“Ogni anno lo Stato spende per un malato di mente 766 marchi, per un sordo o un cieco 615, per uno storpio 600. Negli istituti si mantengono a spese dello Stato 167 mila malati di mente, 8.300 fra sordi e ciechi e 20.600 storpi. A quanti milioni di marchi ammonta la spesa totale? Quante famiglie sane si potrebbero finanziare rimborsando loro un affitto mensile pari a 60 marchi?” (P. Rosà, Willi Graf. Con la Rosa Bianca contro Hitler, Il Margine, 2008, p. 52).

Il nazismo ha sterminato migliaia di malati mentali (o ritenuti tali), di disabili, di malati gravi. Ha disprezzato e schiacciato la fragilità umana. Noi invece la esaltiamo, e diciamo che la fragilità è la condizione normale dell’esistenza umana. Che tutti nella vita hanno avuto bisogno dell’aiuto degli altri, che nessuno basta a se stesso, che tutti sono stati accolti e hanno accolto. Dalla madre che ci ha accolto nel grembo a una famiglia che ci ha fatto crescere, fino a quando ci ammaliamo o diventiamo vecchi. Tutti sperimentiamo la fragilità e il bisogno di essere accolti. La parola “accoglienza” è una delle più belle del nostro vocabolario, perché è una delle più vere.

Infine, la guerra e la pace. L’esaltazione della guerra dell’ideologia nazifascista è l’altra faccia del culto della forza. Ma, ci chiediamo, dove è finita tutta quella forza che sembrava invincibile e che ha schiacciato anche le vittime di Malga Zonta? Dove è finita? Abbiamo visto dove è finita. In un’immensa voragine di distruzione e autodistruzione. Non si medita mai abbastanza sulla guerra, non la si combatte mai abbastanza.

Basta guardarci attorno: se c’è da vendere armi là dove si combatte e si uccide, si vende. “Mai così tante armi”, titolava “Il Corriere della sera” del 21 febbraio 2017 riportando i dati del rapporto annuale del Sipri, l’autorevole istituto di Stoccolma. Secondo il rapporto, il commercio di armamenti nel periodo 2012-2016 ha raggiunto picchi mai visti, più 8,6%. Una corsa che ricorda quella vista ai tempi della contrapposizione Nato-Patto di Varsavia.

I conflitti consumano il materiale a ritmi vertiginosi, scriveva “Il Corriere della sera”. Doppi turni nelle fabbriche statunitensi. E dall’Italia vendite al + 22%. Certo, anche noi italiani. Volete che le nostre fabbriche di bombe che poi finiscono sugli infelici yemeniti chiudano?

Più armi e più guerre, più guerre e più distruzioni, più morti innocenti, più profughi. Creiamo i profughi e poi li respingiamo. La guerra è la più ripugnante macchina di ipocrisie e di menzogne che ci sia. E poi scatenano l’odio contro i profughi, contro le vittime della guerra, non contro i carnefici.

La pace è l’opposto di tutto questo. Non è un esercizio per anime ingenue. È una dura battaglia quotidiana per la verità e contro le menzogne, innanzitutto. È una battaglia quotidiana dalla parte delle vittime. Ma è così che si onorano i morti di Malga Zonta.

Vincenzo Passerini

Presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) del Trentino- Alto Adige

vpasserini@alice.it

Folgaria (Tn), Malga Zonta, 15 agosto 2017

In allegato il PDF dell’orazione ufficiale di Vincenzo Passerini
Malga Zonta-migranti

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