BPM ancora ‘banca armata’ e Beppe Grillo non lo sa?

Banca Etica BPM
Con una quindicina di nuove operazioni per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro Banca Popolare di Milano (BPM) si conferma anche nel 2006 per il terzo anno consecutivo “banca armata”: lo rivelano fonti pervenute alla Campagna di pressione alle ‘banche armate’. I dati ufficiali si sapranno solo ai primi di aprile con la pubblicazione della Relazione della Presidenza del Consiglio sull’export di armi italiane del 2006: se, a differenza di quanto fatto finora, rendiamo pubbliche queste indiscrezioni non è per sensazionalismo, ma per invitare – in prossimità del nuovo anno – la banca ad esplicitare la propria policy in merito all’appoggio al commercio delle armi.

 

 

 

 

L’entrata di BPM nel business del commercio di armi risale al 2004 quando con 22 operazioni del valore complessivo di 53,4 milioni di euro la banca milanese ricopriva ben più del 4% del totale degli “importi autorizzati” dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per operazioni collegate all’export di armi. Gli affari proseguivano l’anno successivo con altre 26 nuove operazioni per un valore complessivo di oltre 34,6 milioni di euro che ricoprivano più del 3% di tutti gli importi autorizzati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel 2005. E, come rivelano le nostre fonti, sono proseguiti anche nel 2006 con una quindicina di nuove operazioni per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro. E si tratterebbe – lo specifichiamo – di nuove operazioni, non di autorizzazioni ottenute negli anni precedenti.

 

Insomma, nonostante le dichiarazioni, la BPM si confermerebbe anche nel 2006 “banca armata” a pieno titolo. Le dichiarazioni che la BPM ha rilasciato finora su pressione di numerose associazioni e di Banca Etica, di cui la BPM è socia, sono state a dire il vero spesso ambigue e fuorvianti (si veda ad es. il capitolo relativo Bilancio sociale 2005 in .pdf alla pg. 27). La BPM ha infatti sempre dichiarato di non partecipare ad operazioni di “finanziamento” che riguardino esportazione, importazione e transito sistemi d’armamento: di fatto nel commercio di armi non c’è niente da “finanziare”, ma c’è solo da “incassare” pagamenti per conto delle ditte che sono clienti di una banca. In parole semplici e chiare – e vorremmo che lo fossero sia per i vertici della BPM che per le associazioni che hanno un conto corrente presso l’istituto milanese – la BPM è a pieno titolo una “banca armata” in quanto – come riporta l’annuale Relazione della Presidenza del Consiglio – svolge operazioni di riscossione di “incassi e pagamenti” per conto delle ditte produttrici di armi che ne sono clienti.

 

Tre in particolare i “clienti” di BPM che in questi tre anni hanno realizzato affari per quasi 100 milioni di euro con l’export di armi: in primo luogo la Agusta per la quale la BPM ha riscosso i pagamenti per la fornitura non solo di 20 elicotteri NH90 alla Francia – un’operazione del valore di quasi 40 milioni di euro – e per 4 elicotteri Agusta AB139 per impiego militare all’Irlanda del valore di oltre 29,8 milioni di euro con autorizzazione alla banca di un primo saldo fornitura di oltre 21,5 milioni di euro, ma anche diverse altre autorizzazioni tra cui quelle con Stati Uniti, Grecia, Turchia, Albania e Marocco.

 

Poi la Selex per conto della quale la BPM ha svolto varie operazioni tra cui alcune col Lussemburgo – del valore complessivo di quasi 4 milioni di euro – e con la Namsa (l’Agenzia di supporto logistico della Nato) – ma soprattutto con la Cina verso la quale – lo ricordiamo – è tuttora in vigore l’embargo di armi da parte dell’Unione europea: la Relazione del 2006 segnalava infatti autorizzazioni a BPM per una riscossione dalla Cina del valore di 4,476 milioni di euro per una “fornitura” della Selex di sistemi radar Ran 30X/I-T del valore complessivo oltre 5,2 milioni di euro.

 

Per conto dell’Alenia Marconi Systems, BPM ha ricevuto autorizzazioni di riscossione di pagamenti non solo dalla Namsa (l’Agenzia di supporto logistico della Nato), ma soprattutto dal Brasile per una fornitura di quasi 4,8 milioni di euro per Radar RAT 31S modificato con “compensi di intermediazione” di 300mila euro – pari al 6% dell’intera partita; e dal Messico per una fornitura complessiva di oltre 8 milioni di dollari per due Centrali di tiro NA25X modello B più ricambi con un “anticipo” di 5,6 milioni di dollari e relativi “compensi di intermediazione” del valore di 404mila dollari. Da segnalare inoltre le riscossioni dagli Stati Uniti e dall’India per conto della Ase spa e l’operazione triennale di una fornitura al Pakistan del valore di 10 milioni di euro autorizzata dal Ministero della Difesa nel 2002 di cui non si conosce la ditta fornitrice (Per il dettaglio di tutte le operazioni si veda l’allegato in .pdf a fondo pagina).

 

Crediamo sia venuto dunque il momento per la BPM di far chiarezza su queste operazioni. Come riporta un lungo resoconto di un incontro avvenuto lo scorso aprile tra rappresentanti di BPM, Banca Etica e alcune Ong – tra cui ActionAid Italia e Emergency – (si veda documento in pdf sul sito di Banca Etica), BPM ha assunto finora l’impegno che “eventuali operazioni rientranti tra quelle previste dalla legge 185/90, quali la domiciliazione di incassi e pagamenti (sull’export di armi – ndr), potranno essere autorizzate esclusivamente dalla Direzione Generale della Capogruppo qualora giudicate coerenti con lo spirito di ‘banca non armata’, quale concezione di banca che opera con criteri restrittivi e selettivi sia per le tipologie di prodotti esportati sia per i paesi destinatari dei prodotti medesimi”.

 

Di fatto questi “criteri restrittivi” non sono mai stati specificati chiaramente sia per quanto riguarda i Paesi destinatari – tra cui ricordiamo compaiono tra gli altri India, Pakistan e Cina – sia per i sistemi d’arma che vanno da elicotteri ad uso militare a modernissime tecnologie di radar e centrali di tiro. Va inoltre ricordato che la BPM non ha mai chiarito la natura dei “compensi di intermediazione” riportati dalla Relazione: anche se si trattasse – come sostenuto dai funzionari della BPM – di “semplici commissioni bancarie” l’entità non è di poco conto soprattutto nei confronti di Paesi maggiormente esposti come Messico e Brasile.

 

Come dicevamo, già da tempo Banca Etica e Etimos – di cui BPM è socia – hanno chiesto spiegazioni alla banca milanese. Ma le associazioni e Ong che intrattengono relazioni con la BPM sono numerose: si va dalla già citate ActionAid Italia a Emergency (che fino a qualche tempo fa riportava sul proprio sito un conto domiciliato presso BPM che non sappiamo se ancora attivo, ma che continua ad avere relazioni con BPM per via della Fondazione Emergency). Alle Acli milanesi che offrono pacchetti di BPM riservati ai dipendenti/collaboratori, alla Caritas ambrosiana che ha un conto corrente attivo su BPM così come i Missionari cappuccini.

 

L’elenco di ong, onlus e associazioni che hanno un conto corrente con BPM è lungo: per citarne solo alcune – che abbiamo reperito online – ricordiamo il Cesvi, l’associazione Amref onlus, la Fondazione Banco Alimentare onlus, l’associazione progetto Gaia, Telefono azzurro fino al popolare comico genovese Beppe Grillo.

 

Fornire i propri servizi in appoggio al commercio, legale e autorizzato di armi, non è certo un reato: ma non tutto quello che è legale è anche etico e lasciamo a BPM chiarire come concilia l’iniziativa di “promuovere una collaborazione concreta con le associazioni senza fine di lucro impegnate nella tutela dei diritti umani e al servizio di una migliore qualità della vita e dell’ambiente” con il business delle armi.

 

di Giorgio Beretta
(coordinatore della Campagna di pressione alle “banche armate”)

 

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