Buon 2020 – Lettera aperta alla comunità per un’altra accoglienza in Trentino

Buon 2020 – Lettera aperta alla comunità per un’altra accoglienza in Trentino

Analisi locale per rilanciare un progetto diverso di accoglienza in Trentino che superi tagli e restrizioni ai richiedenti asilo internazionale.

L’avvicinarsi della  fine dell anno porta tutti, inevitabilmente,  a fare consuntivi: i volontari vicini al Centro per la Pace e i Diritti Umani di Rovereto si sono attivati all’interno di una rete cittadina mettendo in campo risorse umane e materiali per cercare di riempire il vuoto che il decreto sicurezza ha causato nella nostra società.

Perché di questo si tratta e ci sentiamo di ribadirlo; quella approvata dal nostro parlamento e immediatamente applicata dalla nostra giunta provinciale (a differenza di Bolzano che ha continuato per la sua strada avvalendosi dell’autonomia) non vuole portare i cittadini a sentirsi meglio, ma creare un vuoto nel sistema d’accoglienza con conseguente disagio di tutti: delle persone che sono approdate al nostro territorio, lasciate a loro stesse, ammassate in Trento in una struttura inadeguata alle lunghe permanenze, senza progettualità e risorse per un corretto inserimento nella nostra comunità, negli operatori (italiani) privati del loro lavoro,  nella comunità trentina indotta a rinunciare ad un modello di civiltà che invece l’ha sempre contraddistinta.

In Trentino in tanti si è però riusciti a formare una rete importante per cercare di sostenere chi, sul nostro territorio, ha avuto bisogno di completare un cammino iniziato da tempo e improvvisamente interrotto.

La storia è presto raccontata: in Trentino non si punta  più all’accoglienza, nel senso di accompagnamento in un percorso di integrazione, da parte delle istituzioni, ma solo un posto letto e del cibo senza la possibilità di progredire per sviluppare  capacità di apprendimento, di formazione al lavoro, di convivenza consapevole.

Ora pare essere giunto il momento di un ulteriore giro di vite: nessuna tregua a chi giunge al termine del periodo di permanenza nel Cas di Trento. Sono concessi infatti cinque giorni per lasciare le strutture. In caso di non ottemperanza  è richiesto all’ente gestore di far intervenire le forze dellordine per l’espulsione forzosa, e quindi questo diventa responsabilità della singola Cooperativa che segue i richiedenti. Chi rimane invece, per motivi di ricorso ad un diniego, è bene che non lavori in quanto se lavora infatti deve, ogni mese, rendicontare quanto ricevuto e se viene  superato il limite fissato per le pensioni sociali attualmente di € 5.890 annuali, si viene espulsi con i criteri di cui sopra.

È bene precisare che gli emolumenti che i ragazzi raccolgono si riferiscono quasi sempre a lavoretti precari che, a differenza delle pensioni, non danno garanzia per il futuro e quindi buttiamo in strada persone che possono non trovare altro lavoro ed andranno ad ingrossare le liste di attesa di coloro che già vivono sotto la soglia e non hanno un posto letto e un pasto sicuro.

In tutto questo l’impotenza e l’indignazione di chi crede nell’accoglienza sale e sale anche la disperazione di chi, arrivato da Paesi o da situazioni di gravi difficoltà, si vede negati diritti elementari.
Tutto questo porterà a gravi disagi per le nostre comunità.

Negli anni trascorsi abbiamo cercato di tamponare varie situazioni di emergenza, ma ora temiamo, visti i numeri delle persone in uscita dai progetti, che le cose possano franare portandosi dietro vite che rischiano di andare in pezzi.

I volontari del Centro per la Pace invitano tutte le persone che non sono d’accordo con gli attuali sistemi di respingimento a confrontarsi e a mettere in circolo idee e proposte sulle azioni possibili per fronteggiare tanta barbarie.

La solidarietà e la richiesta di diritti camminano insieme. A tutti noi tocca stimolare la proposta di una nuova visione di accoglienza e società inclusiva attivandoci in prima persona.

Info e contatti roveretopace@gmail.com

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