Migrazioni, sguardo globale e i dati della realtà locale

Migrazioni, sguardo globale e i dati della realtà locale

di Bruna Travaglia

Lo scorso 4 aprile ho assistito presso la Biblioteca Civica di Rovereto ad un incontro, relatore Vincenzo Passerini, promosso dall’Università di Trento con la collaborazione di Vigilianum e della stessa Biblioteca nell’ambito del ciclo “Parole in tempo di migrazioni”. Titolo “Sorpresa. I dati della realtà locale”.

“Non siamo quelli che portano il peso maggiore dell’accoglienza, ma la comunicazione nel nostro Paese sfrutta un terreno fertile, quello di una continua campagna elettorale che ha puntato e punta sull’idea che lo straniero è comunque l’altro. Un corpo estraneo dentro la tua realtà”.

 

Il tema è stato svolto con uno sguardo aperto su alcune parole molto frequenti nel nostro linguaggio, ma che hanno bisogno di essere “scoperte” nei loro significati più profondi.

Passerini legge alcuni versi del “Canto degli emigranti”: parlano di necessità di andare, di scappare dallo sfruttamento e dalla prepotenza e della decisione di rischiare la morte in mare nella consapevolezza di poter scegliere almeno la propria fine… Sembrerebbero parole legate ai fatti nefasti dei nostri anni e invece si riferiscono alla migrazione degli italiani e dei tedeschi verso l’America.

 

Questo ci fa comprendere come le migrazioni siano parte dell’uomo che da sempre, anche nei tempi antichissimi, si è mosso nel desiderio di cercare lidi diversi, più favorevoli alla vita, per scappare da guerre, carestie, pestilenze, dittatori… “meglio morire a modo nostro che essere strangolati dalla miseria”.  Siamo fatti per non accettare la realtà così come è, per non accontentarci. È il fenomeno migratorio che da sempre ha cambiato il mondo. Che l’ha aiutato a crescere, a migliorare. Pensiamo a New York: sono state le mani e il genio degli italiani a costruirla anche se dagli immigrati anglo-sassoni erano visti come gente priva di istruzione, sporca e delinquente.

 

Anche la lettura di un passaggio di una lettera di un arcivescovo risulta estremamente interessante. Essa parla di “odioso sfruttamento nei confronti dei migranti”. Si tratta di uno scritto del vescovo di Johannesburg, in Sudafrica, un appello alla popolazione nera che sfrutta e perseguita altri africani venuti dallo Zimbabwe, dal Mozambico o dalla Nigeria.

 

Un breve inciso: l’uso delle parole deve essere attento. Parlare di immigrato dà alla parola il senso di colui che arriva nel tuo Paese, che prende il tuo posto, il tuo lavoro.

Emigrante invece è colui che con coraggio intraprende un’altra strada per migliorare la sua situazione. Ma è la stessa persona, vista  da due punti di vista diversi.

 

Insomma il razzismo non si esprime solo verso chi ha la pelle diversa: pensiamo agli ebrei, alle persone provenienti dal Sud dell’Italia. Il razzismo ha tante sfumature e esprime spesso un disagio, un’ignoranza. Gli italiani sono insoddisfatti del governo del momento? Lo straniero è lì, pronto ad essere molestato come fosse il portatore di tutti i problemi: invece che perseguire per esempio chi sfrutta manodopera a basso costo si pensa che sia il migrante che “rovina” il mercato.

 

Non si negano i problemi che pur esistono, ma si deve notare che è necessario verificare da dove quel problema nasce.

Una seconda distinzione va fatta tra le parole migrante e rifugiato: sono due fenomeni diversi che però spesso si incrociano e quindi vengono confusi.

Rifugiato è persona costretta a scappare per motivi gravi: violenze, guerre, condanne ingiuste (pena di morte), persecuzioni.

La Siria, prima della guerra non ancora risolta, aveva 22 milioni di abitanti: circa la metà della popolazione ha dovuto abbandonare la casa. Di questa  7 milioni sono sfollati (cioè si sono spostati all’interno dei confini siriani), 4 milioni sono profughi accolti, per la maggior parte, in Libano e in Turchia.

 

I profughi hanno diritto a chiedere protezione internazionale secondo la convenzione di Ginevra del 1951 che prevede la tutela del richiedente, anche con vitto e alloggio, e la non espulsione.

Il migrante invece cerca altrove una vita migliore appellandosi a leggi nazionali che regolano appunto la migrazione.

Nel mondo attualmente si sono circa 285.000.000 di migranti (praticamente una nazione itinerante). Di questi 68.000.000 sono profughi. Di essi 25.000.000 si trovano fuori da confini nazionali. L’85% è accolto in Paesi poveri e solo il 15% in Europa e negli USA.

In sostanza noi provochiamo guerre, vendiamo armi, deprediamo le materie prime, ma lasciamo i profughi all’Asia e all’Africa.

 

In Trentino ci sono soltanto 1.400 tra profughi e richiedenti asilo su una popolazione di 540.000 abitanti, eppure siamo di fronte ad una isteria collettiva.

Tanto che è stata tolta a gran parte di loro, che non hanno nulla, la tessera gratuita per i trasporti pubblici ed è stata data a vecchi ricchi trentini.

In Italia la popolazione richiedente asilo o rifugiata è di circa 350.000 soggetti, su una popolazione di 60.000.000 di unità.

 

Nel tempo il fenomeno evolve, da richiedente asilo a rifugiato o migrante, quando si possa convertire l’asilo in permesso di lavoro.

Non tutti i Paesi europei accolgono allo stesso modo. Per fare qualche esempio: l’Austria accoglie circa 170.000 persone a fronte di 10.000.000 di abitanti mentre l’Ungheria con 10.000.000 di abitanti ne ha accolti 6.500; la Germania ospita 1.500.000 di persone e la Svezia 300.000, la Francia è pari all’Italia con 350.000 persone accolte.

 

Il Libano, Paese da sempre impegnato in un equilibrio difficile al suo interno, a fronte di 4.500.000 abitanti ospita un milione e mezzo di profughi. La Turchia tre milioni e mezzo.

 

È evidente quindi che il peso dell’accoglienza ricade soprattutto sui paesi poveri.

Non siamo quelli che portano il peso maggiore dell’accoglienza, ma la comunicazione nel nostro Paese sfrutta un terreno fertile, quello di una continua campagna elettorale che ha puntato e punta sull’idea che lo straniero è comunque l’altro. Un corpo estraneo dentro la tua realtà.

Anche dal punto di vista cristiano non dovremmo dimenticare che, fin dai tempi della stesura della Bibbia (probabilmente durante e subito dopo l’esilio in Babilonia), Dio ricorda al suo popolo la sua esperienza di straniero in Terra di Egitto. E chiede, proprio in ricordo di quell’esperienza, di rispettare e accogliere chi viene da “fuori”.

Per contro, i documenti redatti dall’Osservatorio di Pavia e la Carta di Roma ci ricordano che le informazioni date dai media sui migranti per il 70% tendono ad accentuare l’idea di pericolo; nel 40% si parla di invasione, del 30% di criminalità e solo un 15% parla di accoglienza.

 

Secondo un rapporto della Bocconi gli italiani percepiscono una presenza di stranieri pari al 20% della popolazione mentre in realtà si tratta di meno del 9% (dato dalla somma di migranti, richiedenti asilo, figli di migranti nati in Italia…).

 

In percentuale, gli europei emigrano più degli africani. Noi siamo portatori quindi di un privilegio visto che i nostri migranti possono muoversi in libertà; diverso è per i Paesi Impoveriti che hanno difficoltà a ricevere visti presso le ambasciate italiane anche a causa della mancanza di una legge seria ed organica sull’immigrazione. La nostra disponibilità a fare entrare “migranti economici” si basa solo sulle “quote” stagionali che, per alcuni settori, non sono decise in maniera sufficiente e tempestiva.

Per tornare ai richiedenti asilo ancora qualche dato: al momento circa 600 sono presenti nel comune di Trento, 180 in quello di Rovereto, 550 nelle valli.

 

Ora una politica miope li vuole tutti concentrati a Trento. L’accoglienza diffusa aveva fatto bene ai migranti, ma anche ai cittadini residenti: avevano potuto fare esperienza di accoglienza, di conoscenze e, di conseguenza, di una nuova apertura di mentalità. L’esempio di Lavarone è emblematico.

 

D’altra parte i circa cento comuni che non hanno voluto accogliere non sono diventati più sicuri degli altri, hanno solo perso un’occasione di crescere e di ringiovanire.

In Italia gli stranieri sono in totale 5.234.000 circa e tengono in piedi parte della nostra economia; e soprattutto sopperiscono al nostro grave calo demografico: su 449.000 nuovi nati al 31.12.18,  358.000 sono i nati da coppie italiane, 67.000 da coppie straniere e gli altri hanno almeno un genitore straniero e il trend è simile anche in Trentino.

 

Si vive più a lungo e le nuove generazioni dovranno sostenere sempre di più quelle vecchie…sempre più vecchie.

 

I migranti colmano un vuoto demografico consistente: dal 1991 al 2011 la popolazione straniera è passata da 356.000 unità a circa 4.000.000 di fronte ad un calo di popolazione italiana in età lavorativa di circa 3.200.000 unità.

Se si adottassero politiche familiari efficaci (es. più asili nido e meno costosi) e politiche del lavoro più attente alle donne e alle madri qualcosa potrebbe migliorare, ma gli studiosi ci dicono che senza stranieri l’Europa intera non ce la può fare.

L’Ungheria, per non accogliere stranieri, si è dovuta inventare le ore straordinarie obbligatorie…

Si deve prendere atto che criminalizzare la popolazione straniera è pessima politica, non solo dal punto di vista morale. Bisogna sapersi dotare di politiche serie di integrazione…le nostre terre sono già cambiate. Un bambino su cinque che nasce in Trentino è straniero…ma è nato in Italia, parla italiano, perfino dialetto…Sono necessari leggi e progetti studiati e non demagogici.

 

La convivenza e l’integrazione non sono facili, ma questa è la condizione che ci è data e richiede saggezza e impegno positivo per una sempre migliore convivenza tra diversi. Non buonisti, ma realisti coloro che vogliono una saggia gestione dell’immigrazione e dell’ accoglienza. Oggi perfino il Giappone, che non ha mai voluto nella sua storia accogliere e integrare “esterni”, sta aprendosi, per non morire di vecchiaia, all’immigrazione con una legge in materia.

 

di Bruna Travaglia

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