22 aprile – Per una vera salvaguardia del Pianeta, obiezione alle guerre

22 aprile – Per una vera salvaguardia del Pianeta, obiezione alle guerre

Il 22 aprile si conclude la quinta staffetta trentina “Digiuno per la Pace e il Cessate il fuoco!” come forma di condanna a ogni forma di violenza e vicinanza alle vittime delle guerre. Nella giornata del 22 aprile si celebra la Giornata Mondiale della Terra e per questa rinnoviamo il nostro impegno verso un mondo più pacifico e più verde. Insieme possiamo lavorare per un futuro più sostenibile in cui le immense risorse impegnate per la guerra siano riconvertite verso la protezione e la bonifica dell’ambiente. Celebrando la Giornata Mondiale della Terra, rinnoviamo il nostro impegno verso un mondo più pacifico e più verde. Le persone iscritte al digiuno ribadiscono l’urgenza del cessate il fuoco, dei canali umanitari per soccorrere la popolazione, dell’azione diplomatica internazionale per l’immediato rilascio degli ostaggi – e per questo sosteniamo l’appello al Parlamento e al Governo per dare protezione alla popolazione di Gaza! Pubblicato sulla piattaforma www.change.org o sul sito www.rovepace.org. La staffetta si rivolge a tutte le persone che hanno a cuore la Pace e vuole essere uno strumento di connessione e attivazione nel segno della mediazione, del confronto e del negoziato.

Il 22 aprile di ogni anno, il mondo si unisce per celebrare la Giornata Mondiale della Terra, conosciuta anche come Earth Day. Questo giorno speciale rappresenta non solo un’opportunità per riflettere sul nostro pianeta, ma anche un momento per rinnovare il nostro impegno verso azioni concrete per la sua protezione e conservazione.Originariamente nata per promuovere la consapevolezza e la responsabilità ambientale su scala globale, la Giornata Mondiale della Terra ha assunto un ruolo sempre più significativo nel calendario annuale.

Ogni anno, individui, comunità e organizzazioni si riuniscono per organizzare una vasta gamma di eventi volti a sensibilizzare sulle sfide ambientali che affrontiamo e sulle soluzioni possibili.Stiamo assistendo ad un riarmo mondiale quando in un periodo così critico gli investimenti dovrebbero essere diretti verso una Transizione Giusta anche Socialmente in cui le minoranze non vengono schiacciate, brutalmente ghettizzate e ridotte a miseria. La politica israeliana sta invece agendo all’esatto opposto, sottraendo territori fertili, appropriandosi di risorse e radendo al suolo case e infrastrutture.

La transizione ecologica è la strada del futuro e la guerra, con le sue false e assurde priorità, non deve oscurarla. Insieme possiamo fare la differenza e lavorare per un futuro più sostenibile in cui le immense risorse impegnate per la guerra siano riconvertite verso la protezione e la bonifica dell’ambiente.

GIORNATA DELLA TERRA”: C’È POCO DA FESTEGGIARE

di GRAZIA PAGNOTTA – Studiosa di storia economica, di storia dell’ambiente e di storia urbana

Domani è l’Earthday, la Giornata della Terra, che si celebra dopo la prima concepita e realizzata negli Usa nel 1970. Nell’ultimo decennio con l’aggravarsi delle condizioni del pianeta, l’allargarsi dell’impegno giovanile su questo tema e un’opinione pubblica più attenta, si è cominciato a celebrarla più ampiamente. Ogni anno è l’occasione per misurare quanto e se si è costruito sul grande tema ambiente, e ogni anno il bilancio è negativo. E anche in questa 54esima edizione si registrano soltanto qualche buona notizia e moltissime pessime, talmente tante che non entrano in un articolo giornalistico.

Di positivo c’è la sentenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo che pochi giorni fa ha dato ragione all’associazione di donne svizzere “Anziane per il clima” che vi aveva fatto ricorso accusando il proprio Paese di inadempienza nell ’affrontare la crisi climatica; è un fatto importante perché dopo altre cause respinte è la prima volta che la Corte si esprime a favore degli attivisti, e soprattutto perché gli Stati europei non potranno non tenerne conto nel definire i propri tempi di intervento in materia e valutare i propri ritardi. Di positivo c’è anche la caparbietà crescente dei giovani militanti per il clima raggruppati in diverse organizzazioni, che sono stati capaci di trovare forme per far risuonare le loro preoccupazioni, nonostante la frequente aggressività delle forze dell’ordine denunciata anche dall’Onu

Ma veniamo al negativo, scegliendo di focalizzare l’analisi sull’operato delle istituzioni europee e sull’European green deal. Più d’uno sono stati i provvedimenti con cui le politiche ambientali nel corso dell’iter sono state stemperate e diluite: circa gli imballaggi, il regolamento è stato alleggerito da numerosi emendamenti del centrodestra; circa gli standard di sostenibilità aziendale delle imprese che operano in Europa, compresa la catena di fornitura extra-europea, si è rimandato; sulle emissioni del trasporto stradale, è stato definito di mantenere le condizioni attuali dell’Euro 6; sull’efficienza energetica degli edifici residenziali, meglio conosciuta come Case green, il provvedimento durante l’iter è divenuto meno incisivo rispetto al testo iniziale.

E poi ci sono gli alleggerimenti e le cancellazioni relativi al settore agroalimentare, importantissimo per l’ambiente, in parte avviati prima della mobilitazione contadina. Circa l’aggiornamento della direttiva sulle emissioni industriali che considera come tali anche i grandi impianti zootecnici, nell’accordo finale dell ’autunno scorso sono stati stralciati gli allevamenti intensivi di bovini; sui pesticidi si puntava a dimezzarne l’uso entro il 2030 sostituendoli con altri metodi, ma si è preferito ascoltare gli agricoltori; sui gas serra agricoli a fine gennaio era circolata una bozza che prevedeva l’abbassamento del 30% entro il 2040, poi questa riduzione è scomparsa; per quanto riguarda gli obiettivi climatici dell’Unione europea, essi prevedono un taglio del 90% delle emissioni entro il 2040 rispetto al 1990, ma non è più stato compreso il 30% per l’agricoltura che era indicato nella bozza iniziale; anche l’importante legge sul ripristino della natura ha subito lo stralcio della parte riguardante l’agricoltura che proponeva di aumentare dall’attuale 4% al 10% entro il 2030 la superficie di terreno agricolo da non coltivare. Insomma, ci si chiede cosa ne è alla data di oggi dell’European green deal che nel 2019 quando fu proposto da von der Leyen si presentava come un vasto programma che metteva d’accordo le differenti componenti politiche e che avrebbe dovuto intervenire in moltissimi ambiti, e per questo di natura epocale.Allora sembrò che sul tema ambiente l’Europa volesse costruire la sua immagine futura e dare un esempio al resto del mondo, ma oggi tale scenario alla vigilia delle elezioni appare molto ridotto. E di fronte alla transizione ecologica che non si sta compiendo, ci chiediamo se dobbiamo concludere di considerare il richiamo alle generazioni future soltanto una retorica.

Il significato di tale parabola discendente dell’Europa e insieme la sua ragione è nell’ancora forte radicamento del sistema di sviluppo che è stato vincente finora, con tutti i suoi protagonisti; un sistema basato sul fossile e sulla produzione di merci all’unico scopo dell’accumulo di profitto, senza alcun interesse per i limiti biologici e fisici del pianeta. Il suo superamento comporterebbe il trasferimento in grande misura di sovranità alle popolazioni; l’esempio più calzante in proposito è ciò che rappresentano le comunità energetiche basate sulle fonti rinnovabili rispetto alla lobby del fossile, di cui si è vista la forza alla Cop28.

Per tutti i protagonisti di tale sistema la transizione ecologica è un pericolo.

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