“Banche armate” 2006: occhio alle straniere

CAPITALIA MANTIENE LA PROMESSA
A Capitalia va riconosciuto di aver cominciato ad attuare quanto annunciato dal Direttore Generale al convegno nazionale promosso dalla Campagna nel gennaio dell’anno scorso (cfr. MO 2/2006), di ridimensionare significativamente il volume delle transazioni, che passano infatti dai 396 milioni di euro del 2004 ai 168 milioni del 2005.

 

 

Raddoppiano, invece, le operazioni collegate all’export di armi della Cassa di Risparmio della Spezia che nel 2005 superano i 112,4 milioni di euro dopo aver registrato negli anni precedenti autorizzazioni per 34,1 (nel 2003) e 50,9 milioni di euro (nel 2004).
Suscita non pochi interrogativi anche la ricomparsa di Unicredit che, dopo aver emesso nel dicembre 2000 “ordini di servizio che disponevano di non assumere più nuovi contratti di questo tipo” aveva ridotto notevolmente la propria partecipazione fino ai 20,2 milioni del 2004: ma nel 2005 ritorna con oltre 101 milioni di euro per 61 nuove operazioni.
Ulteriori interrogativi hanno sollevato le 26 nuove operazioni per un valore complessivo di oltre 34,6 milioni di euro di Banca Popolare di Milano (BPM). Un ridimensionamento, certo, rispetto all’anno precedente, quando la comparsa di BPM nel business delle armi per oltre 53 milioni di euro aveva suscitato la presa di posizione di Banca Etica di cui BMP è socia. Ma non tale da fugare tutti i dubbi, perché BPM avrebbe assunto nuove operazioni anche nel 2006 per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro.
Tra le altre maggiori banche italiane va ricordata la Banca Nazionale del Lavoro (BNL) che nel 2005 riporta 90 autorizzazioni per un valore complessivo di oltre 60 milioni di euro.

 

BANCA INTESA ONORA LA DECISIONE
Da segnalare, infine, la quasi totale scomparsa di Banca Intesa che nel 2005 ha svolto solo due nuove piccole operazioni. Si può pertanto assumere che Banca Intesa stia onorando la decisione comunicata nel marzo del 2004 di “sospendere la partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano l’esportazione di sistemi di arma”. Con circa 445 milioni di euro, le banche estere hanno ricoperto quasi il 40% di tutte le operazioni autorizzate. Un dato che è stato interpretato come «un sintomo della tendenza al “disarmo” di molte banche italiane in imbarazzo di fronte ai movimenti pacifisti» (G. Dragoni, Il Sole 24 ore, 3 maggio 2006). Se è innegabile che le pressioni delle associazioni pacifiste, ed in primis della Campagna “banche armate”, hanno svolto un ruolo impareggiabile nella decisione di importanti gruppi bancari italiani di dotarsi di codici di condotta e di politiche più restrittive in materia di operazioni connesse all’esportazione di armi, l’emergere di Istituti bancari esteri in questo settore non è riconducibile alla sola “tendenza al disarmo” da parte dei gruppi bancari italiani.

 

LE BANCHE STRANIERE
Il principale Istituto di credito straniero per valore complessivo di importi autorizzati è il Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (BBVA) che nel 2005 assume operazioni per oltre 100,5 milioni di euro. Più della metà è ricoperto da una singola autorizzazione: la maxi-commessa della Spagna di parti della blindo armata Centauro B1 della OtoMelara del valore di 59,3 milioni di euro.
La Deutsche Bank S.p.A, che negli ultimi cinque anni aveva svolto operazioni del valore complessivo di meno di 4 milioni di euro, nel 2005 assume invece ben 46 autorizzazioni per oltre 90,6 milioni di euro che riguardano alcune delle maggiori operazioni con Paesi dell’area mediorientale e asiatica.
Segue la Société Générale che svolge tre operazioni del valore complessivo di oltre 53,2 milioni di euro tra cui spicca l’incasso di oltre 47,3 milioni di euro dall’India per conto della Whitehead Alenia Sistemi Subacquei (WASS) per 126 sistemi di contromisure da sommergibile C303.
Anche la Calyon-Corporate and Investment Bank, conferma il proprio ruolo in questo settore. Nel 2005 il gruppo francese svolge una sola, ma consistente, operazione verso la Turchia del valore di oltre 48 milioni di euro per la fornitura di 5 elicotteri militari AB412 e parti di ricambio prodotti dalla Agusta.
Ritorna, invece, dopo alcuni anni di assenza la BNP Paribas con 20 operazioni del valore complessivo di quasi 44,8 milioni di euro tutte verso Paesi dell’area mediorientale e asiatica. Un nuovo attivismo che va segnalato soprattutto per la recente acquisizione da parte della banca francese della BNL.

Accresce il proprio ruolo la HSBC Bank che ha assunto una sola, ma rilevante operazione per conto della Agusta per 6 elicotteri AB139 Law Enforcement venduti all’Oman del valore di 51,2 milioni di dollari (41,1 milioni di euro).
Aumenta anche il valore delle autorizzazioni rilasciate alla Commerzbank che nel 2005 acquisisce ben 21 operazioni per un totale di 40,9 milioni di euro. Si distingue quella verso il Pakistan del valore di oltre 30,7 milioni di euro per sistemi di direzione del tiro all’infrarosso della Galileo Avionica (ora Selex SAS) per veicoli blindati.
Cresce notevolmente anche la partecipazione della ABC International Bank che passa dai 2,8 milioni di euro del 2004 per operazioni con Algeria e Egitto ai 21,8 milioni di euro per forniture sempre verso i due Paesi nord-africani.
Tra le altre banche estere che hanno svolto operazioni d’appoggio alla vendita di armi italiane è da segnalare, infine, la Arab Bank Plc che assume un’autorizzazione di 21,1 milioni di euro per il pagamento da parte degli Emirati Arabi Uniti alla OtoMelara di 12 torrette da 12,7 mm per versione navale.
Da rilevare infine l’assenza di nuove operazioni per quanto riguarda due banche estere: la ABN-Amro che nel 2003 aveva assunto l’autorizzazione per i pagamenti del Venezuela di 25,6 milioni di dollari e soprattutto la Barclays Bank che nel periodo 2001-4 aveva acquisito numerose operazioni per un valore complessivo di 108 milioni di euro.

 

L’IMPEGNO FUTURO DELLA CAMPAGNA
È forse ancora presto per trarre delle conclusioni, ma appare già abbastanza chiaro che l’assunzione da parte di Istituti di credito esteri di operazione che riguardano le aree extraeuropee è in stretta correlazione con la politica adottata dai maggiori gruppi bancari italiani di concentrare la propria attività su operazioni verso l’area europea e i Paesi della Nato. Ma va detto subito che non siamo di fronte a gruppi esteri con sede in “zone sospette”, bensì a banche che hanno tutte la loro sede principale in Paesi dell’Unione europea. Nessun allarmismo quindi ma un duplice impegno per la Campagna “banche armate”. Da un lato muovere l’attenzione degli aderenti anche verso gli Istituti bancari esteri attivi in Italia per chiedere anche a queste banche di esplicitare la propria policy in materia di servizi d’appoggio al commercio e alla produzione di sistemi militari: un compito non secondario viste anche le recenti fusioni ed acquisizioni da parte di istituti estere di banche italiane. Dall’altro di estendere il raggio d’azione della Campagna nell’ambito dell’Unione Europea. Un’attività quest’ultima che è già in atto (cfr. articolo di Baranes in questo dossier).
Tornando all’ambito italiano va segnalato che il 23 maggio u.s. si è tenuto a Roma un importante momento di confronto tra la Campagna e il Gruppo di lavoro Responsabilità sociale d’impresa dell’Abi (Associazione bancaria italiana): dal dibattito è emerso l’interesse di tutte le parti ad aprire un tavolo di confronto periodico su questi temi che, seppur a fatica, stanno entrando sempre più nell’agenda delle banche.

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