Liberiamo l’acqua dalla plastica

Liberiamo l'acqua dalla plastica

 

Dal quaderno “Acque minerali ed acque potabili tra qualità e business” prodotto dalla Fondazione ICU – Istituto Consumatori e Utenti promossa da Federconsumatori – si apprende che il 46,5 % degli italiani bevono acqua minerale (primi in Europa) con un consumo pro capite di 160 litri. Se analizziamo il prezzo delle acque minerali scopriamo che un metro cubo (da 370.000 a 3 milioni)costa più del doppio di un metro cubo di petrolio (150.000 lire).

 

 

 

Ma la fregatura delle acque minerali non sta solo nel costo che può costare fino a 1.000 volte di più dell’acqua da rubinetto ma anche nel contenuto. La Direttiva della Comunità Europea CEE 96/70 del 1996 che stabilisce l’obbligatorietà di riportare la composizione analitica delle sostanze presenti nell’acqua minerale non è mai stata recepita dall’Italia e quindi nelle etichette non sono riportate tutte le sostanze tra cui: ammoniaca, ferro, manganese, rame, zinco. Per altre sostanze invece viene richiesto di indicare i parametri solo quando superano i limiti per le acque di rubinetto: antimonio, arsenico, cadmio, piombo, idrocarburi.

 

Ma nessuno dice mai ai consumatori che la soglia dei nitrati è pari a 50 milligrammi per litro per gli adulti e 10 milligrammi per litro per i bambini. Ma per le acque in bottiglia che superano i 10 milligrammi per litro di nitrati, non è riportata l’informazione che quell’acqua non è adatta per i bambini. E sul credo della sicurezza delle acque minerali ecco che si scopre che le acque di rubinetto sono molto più monitorate rispetto a quelle in bottiglia, sono più sicure per la salute, più economiche e rispettose dell’ambiente.

 

Da non dimenticare sono i costi di concessione: un decreto regio del 1927 stabilisce che il canone di concessione è proporzionale alla superficie del giacimento e non alla quantità di acqua estratta. Ma c’è da dire che il canone di concessione in tanti casi non è sufficiente neppure per recuperare i costi amministrativi di riscossione alle regioni. E quanto paga alla Provincia di Trento la multinazionale Nestlè per la concessione dell’acqua Pejo? Neanche il minimo di legge e tutto questo grazie ai ricatti che pone agli amministratori locali minacciando il licenziamento dei dipendenti impiegati.

 

Per contattare la Fondazione ICU – Istituto Consumatori e Utenti – tel 041 935666 o via email fondazioneicu@libero.it

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3 Comments

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